I festeggiamenti in onore di San Sebastiano hanno da sempre rappresentato un momento di gioia per tutti i cardetesi.
Un tempo, come anche oggi, i riti religiosi iniziavano con la novena l’undici di Gennaio. Novena che veniva ad essere celebrata di sera così da permettere alle donne di parteciparvi dopo aver concluso il duro lavoro nei campi.
Significativo il modo in cui alcuni abitanti di Cardeto annunciavano l’inizio dell’appuntamento religioso. I “Tamburinari: Petru i donna nanna, Ba i cifunata, mastru Brunu spruppitilossa, Cicciu capucciu”, con i loro tamburi e le loro voci, scandivano in giro per il paese l’avvicinarsi della liturgia.
Novena che si concludeva giorno diciannove con i vespri aspettando la giornata del venti per la tradizionale processione del simulacro per le vie del paese.
Vi era anche la novena popolare che affiancava quella religiosa. Uomini dalle condizioni economiche disagiate percorrevano le vie del paese recitando preghiere e canti in onore di San Sebastiano, portando con sé, in particolare l’ultimo giorno, una borsa, “barda” in dialetto, grazie alla quale raccoglievano di tutto, dalle patate, al fagiolo, persino qualche soldo.
San Bastianu è lu piccirillu l’avvocato di nostru Signuri
ogni grazia chi vulimu, a San Bastianu ‘nci la cercamu
ndi jettamu a li so pedi e San Bastianu ‘nci la cuncedi.
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San Bastianu e lu piccirillu, di li Santi è lu chjiu bellu
idu discindi di Milanu, viva Diu e San Bastianu.
Il venti di gennaio, giorno di festa
In passato la liturgia del venti di Gennaio prendeva il nome di “pontificali”. Quattro i sacerdoti che ne prendevano parte, Cardeto, Mosorrofa, Cataforio e San Salvatore che celebravano la messa prima dell’uscita del santo dalla chiesa dei SS Pietro e Paolo dove il simulacro di San Sebastiano veniva portato dall’altra chiesa, eretta in devozione al patrono e intitolata appunto al santo, alcuni giorni prima.
Non mancavano le manifestazione di culto delle devote, che in ginocchio percorrevano la navata della chiesa chiedendo la grazia al martire, come anche gli ex voto in cera, argento o oro. Il tutto rigorosamente con addosso gli abiti tradizionali dei “pacchjiani” oggi usati come semplice raffigurazione del passato, ma un tempo abiti usati per le occasioni più importanti.
L’uscita del Santo dalla Chiesa era scandita dal suono del “paragiricu” da parte dei “tamburinari” e la successiva processione per le vie del paese un tempo sì popolate e viventi.
La conclusione della processione metteva fine ai festeggiamenti religiosi dando il via alla festa civile fatta di pranzi con prodotti della tradizione, “crispedi cu l’alici”, “maccarruni”, per poi ritrovarsi nella piazza al suono di “organettu, ciurameda e tamburedu”.
La festa si concludeva con il passaggio per le strade dei “tamburinari” che con un canto, “u prosit”, rivolto al capo famiglia, concludevano i festeggiamenti in onore di San Sebastiano.
Prosit cumpari Micu e milli di sti jiorna,
San Bastianu mi vi dassa pi natr’annu, megghiu an grazia sua
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